Rapporto annuale Istat 2025: aspetti demografici e condizioni di salute
Recentemente è stato presentato il Rapporto annuale Istat 2025, il documento annuale che da trent’anni descrive le condizioni economiche, sociali e lavorative del Paese.
Il Rapporto 2025 è articolato in 4 capitoli dedicati all’economia, al lavoro, alla qualità della vita e alle specificità territoriali.
In particolare, il secondo capitolo “Popolazione e società” analizza i cambiamenti demografici e familiari, l’occupazione, le condizioni economiche delle famiglie e quelle di salute.
Di seguito, si riportano alcune evidenze relative agli aspetti demografici e alle condizioni di salute rilevate dall’analisi dell’Istituto di statistica.
Aspetti demografici
Secondo le stime, la popolazione residente in Italia, che al 1° gennaio 2023 era di 59 milioni di residenti, diminuirà, arrivando a 58,6 milioni nel 2030 e a 54,8 milioni nel 2050.
L’aumento della sopravvivenza e la bassa fecondità sono i due fenomeni principali che caratterizzano la fase in cui si trova la popolazione italiana, che sta andando incontro ad un graduale invecchiamento: il 1° gennaio 2024 l’età mediana italiana ha raggiunto i 48,7 anni, valore superiore a quello registrato nell’ UE27 (44,7 anni).
La popolazione tra 0-14 anni costituisce il 14,6% del totale, mentre gli anziani sono un quarto della popolazione. Inoltre, si assiste alla crescita del numero dei grandi anziani, ossia le persone con 80 anni e più, che sono ormai oltre i 4 milioni e 591 mila.
Secondo le stime, nel 2050 le persone con più di 65 anni potrebbero essere il 34,5%, gli ultra 80enni potrebbero passare dal 7,6% del 2023 al 16,3% nel 2050 e i giovani fino a 14 anni potrebbero scendere nel 2050 all’11,3%. Il rapporto tra persone in età lavorativa e quelle non in età lavorativa potrebbe passare da tre a due nel 2023 a uno a uno nel 2050.
La popolazione italiana nei prossimi anni andrà incontro ad una contrazione. Nonostante si preveda un aumento del tasso di fecondità, che dovrebbe salire dall’attuale 1,2 figli per donna, registrato nel 2023, a 1,38 nel 2050, non ci sarà comunque un aumento del numero di nascite a causa del calo del numero di donne in età riproduttiva.
Per quanto riguarda la mortalità, nonostante un aumento della speranza di vita, negli anni a venire incrementerà il numero annuale di decessi. I movimenti migratori con l’estero, questi non basteranno a compensare il saldo naturale negativo.
Famiglie
Anche la composizione delle famiglie sta cambiando, con una semplificazione delle strutture familiari. Le famiglie sono oggi composte mediamente da 2,2 persone. Nel 2023-2024 più della metà delle famiglie è composta da persone sole (36,2%) e da coppie senza figli (19,4%). Le coppie con figli sono invece il 28,2%, in netto calo rispetto all’inizio degli anni Duemila, quando erano il 40,2%, mentre le famiglie di genitori soli con figli sono il 10%.
Le famiglie composte solo da anziani sono il 29,2% del totale, risiedono al nord per il 48,2%.
Nei prossimi anni il numero di famiglie aumenterà, ma si tratterà soprattutto di famiglie frammentate e si assisterà ad un’ulteriore riduzione delle coppie con figli. La tipologia familiare più frequente sarà quella di persone che vivono sole. Già nel 2023-2024 sono numerose le persone che vivono da sole. In particolare si tratta del
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14,4% tra 25 e 44 anni
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23,3% tra 65 e 74 anni
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39,7% tra 75 anni e più
Condizioni di salute
Speranza di vita in buona salute
La speranza di vita alla nascita è aumentata, ma vivere di più non significa automaticamente vivere anche in buona salute. La speranza di vita in buona salute è un aspetto importante per una società che invecchia.
Al Sud si registrano i livelli più bassi di speranza di vita in buona salute (55,5 anni) rispetto al Centro (58,9 anni) e al Nord (59,7 anni), con uno svantaggio per le donne: una donna che nasce al sud può aspettarsi di vivere in buona salute fino a 54 anni, una donna che nasce nel nord-est fino a 58,8 anni.
La buona salute si deve conservare grazie all’adozione di uno stile di vita virtuoso che prevede: l’adozione di una sana alimentazione, l’assenza di alcol e fumo, una regolare attività fisica e il mantenimento di un giusto peso.
Se negli ultimi anni è diminuita la percentuale di fumatori, preoccupa invece il fenomeno dell’obesità, riconosciuta come malattia cronica multifattoriale che può causare altre malattie come diabete di tipo 2 e tumori.
Mortalità evitabile
La mortalità evitabile si riferisce ai decessi sotto i 75 anni che potrebbero essere evitati attraverso interventi di sanità pubblica e prevenzione, è un indicatore che consente di valutare il sistema sanitario ed è composto da:
- Mortalità trattabile, cioè la capacità del sistema sanitario di diagnosticare e curare
- Mortalità prevenibile, legata alla prevenzione primaria e alla promozione di stili di vita salutari. Per migliorare questo tipo di mortalità è necessario investire in attività di screening, diagnosi precoce e terapie.
La mortalità più alta si registra tra le persone più svantaggiate dal punto di vista economico e sociale e differisce molto tra le persone con diversi livelli di istruzione: la mortalità prevenibile di chi ha al massimo la licenza elementare, ad esempio, è il doppio di chi ha una laurea.
Rinuncia alle prestazioni sanitarie
Altro aspetto legato alla salute riguarda la rinuncia alle prestazioni sanitarie. Il mancato accesso alle prestazioni di una fetta della popolazione ha ricadute negative sia sulla salute individuale che su quella collettiva.
Nel 2024 una persona su 10 (quasi il 10%) ha riferito di aver rinunciato negli ultimi 12 mesi a visite o esami specialistici a causa:
- delle lunghe liste di attesa (6,8%)
- della difficoltà a pagare le prestazioni (5,3%)
La rinuncia è aumentata rispetto al 2023 (7,5%) e al periodo pre-pandemia (6,3% nel 2019) a causa delle crescenti difficoltà di prenotazione.
Anche le rinunce a causa di motivazioni economiche sono aumentate rispetto all’anno precedente: nel 2024 ha rinunciato per motivi economici il 5,7% delle persone più istruite contro il 7,7% di quelle meno istruite.
Le rinunce sono più frequenti tra le donne (11,4%) rispetto agli uomini (8,3%) e tra le persone con un’età tra 45 e 54 anni (13,4%).
Per quanto riguarda il livello di istruzione, le persone più istruite rinunciano meno frequentemente alle visite, rispetto a chi ha un titolo di studio basso
Salute mentale
La salute mentale è una componente essenziale della salute. L’incertezza degli ultimi anni ha influito negativamente sul benessere psicologico delle persone e in particolar modo dei più fragili. La condizione di solitudine, che spesso le persone, soprattutto le più anziane, sperimentano, compromette funzioni cognitive, comportamentali e influenza la morbilità e mortalità.
L’indice di salute mentale permette di misurare il disagio psicologico degli individui e consente di monitorare l’evoluzione nel tempo. Più è alto il suo valore maggiore è il benessere.
In Italia nel 2024 l’indice di salute mentale delle persone con più di 14 anni è del 68,4%. Il valore più alto, pari a 70,4 punti, si registra tra i giovani tra i 14-21 anni, mentre tra gli adulti tra 55-64 anni scende a 68,2 punti e si riduce ancora a 65,1 punti tra le persone con 75 anni e più.
Lo svantaggio delle donne è più marcato tra le più giovani e le anziane. In particolare: tra i giovani di età compresa tra 14-21 anni il valore è di 73,3 punti tra i maschi e 67,2 tra le ragazze, tra le persone di 75 anni è di 68,5 punti tra gli uomini e 62,7 tra le donne.
Disabilità, cronicità e multimorbilità
Le persone con disabilità nel 2023 sono il 5% della popolazione: 2 milioni e 904 mila, di cui 1 milione e 690 donne.
La percentuale più alta di disabilità si riscontra nelle persone appartenenti alle classi più anziane. In particolare:
- 19,2% nelle persone con 75 anni e più (15,3% tra gli uomini, 21,9% tra le donne)
- 6,9% nella fascia di età 65-74 anni (6,5% uomini, 7,3% donne)
Nel 2023 le persone con disabilità che dichiarano di stare bene sono il 9,8%, mentre la percentuale di chi sostiene di stare male o molto male è passata dal 61% del 2010 al 57,3% nel 2023.
La cronicità e la multimorbilità sono due aspetti da tenere in considerazione in una società che invecchia come quella italiana.
Dal 2010 al 2023 le persone con disabilità con almeno una patologia cronica è pari all’88%, mentre nel resto della popolazione la percentuale è del 33%. La presenza di almeno una cronicità aumenta con l’età ed è maggiore tra le donne.
Per quanto concerne la multimorbilità, cioè la consistenza di due o più patologie croniche, nel 2023 riguarda il 23,6% nella popolazione con 15 anni e più.
Questi aspetti presentati sono solo alcuni di quelli indagati dal Rapporto annuale Istat che consentono, però, di delineare un quadro della condizione in cui si trova il Paese.
Per approfondire scarica il Rapporto annuale 2025 Istat – La situazione del Paese