Approfondimenti

Sanità e Covid19: il focus Istat

23 Dicembre 2020

Un intero capitolo del Rapporto Istat 2020 è dedicato al tema della salute e della sanità nell’emergenza da Covid19.

I dati del Report sono quelli relativi ai primi mesi di questo 2020 e fotografano la situazione sanitaria italiana nella fase iniziale della pandemia.

Il Rapporto contiene anche una serie di dati relativi alla situazione del sistema sanitario all’inizio della pandemia, tra cui: il numero di medici e infermieri, il livello di spesa pubblica, i posti letto, lo stato di salute della popolazione anziana.

Mortalità

Nel Report viene analizzato l’impatto dell’epidemia da Covid19 sulla mortalità. I dati, relativi ai primi mesi del 2020, ci dicono che, almeno in questa prima fase, l’epidemia ha colpito soprattutto le Regioni del Nord e in particolare la Lombardia. Per quanto riguarda il sesso e l’età, la mortalità maggiore si è registrata tra gli uomini ultrasettantenni.

Disuguaglianze

Un aspetto messo in luce nel Report riguarda le disuguaglianze di salute tra i diversi gruppi di persone, che si traducono in differenze nell’aspettativa di vita, nella mortalità e nelle cronicità e che, proprio a causa di questa pandemia, si teme possano aumentare ancora di più.

Scarsi livelli di istruzione, povertà, disoccupazione, lavori precari, infatti, incidono in maniera negativa sullo stato di salute. Persone che vivono in condizioni sociali ed economiche svantaggiate sono più esposte al rischio di ammalarsi e di contrarre la malattia da Covid19.

Le persone con scarse possibilità economiche e sociali, infatti, molto spesso vivono in case piccole dove la distanza fisica con gli altri familiari o inquilini non è possibile, hanno lavori che non permettono di lavorare da casa o addirittura non hanno le adeguate tutele lavorative. Ad aggravare la situazione ed aumentare il rischio sanitario di questa parte della popolazione c’è la compresenza, molto spesso, di patologie croniche pregresse, come le malattie cardiovascolari, l’obesità e il diabete.

Assistenza ospedaliera e SSN

La pandemia ha avuto effetti anche sul nostro sistema sanitario. La reazione comune da parte delle Regioni è stata di limitare gli interventi chirurgici, rinviando quelli non urgenti. In questo periodo si è assistito ad una diminuzione degli accessi al Pronto Soccorso, dei ricoveri totali, degli interventi programmati e di quelli considerati non urgenti.

Se da una parte la paura del contagio ha frenato le persone, che hanno rimandato o evitato visite diagnostiche e trattamenti di cura, dall’altra le strutture ospedaliere, per fronteggiare l’emergenza, hanno riconvertito reparti e rinviato gli interventi programmati non urgenti.

Questo rallentamento nell’accesso alle cure ha, e avrà, impatto sulla salute pubblica e sull’organizzazione del sistema sanitario.

Le patologie che destano più timori, se trascurate, sono sicuramente quelle cardiovascolari e oncologiche. Un ritardo nella diagnostica o nel trattamento di queste malattie, come è facilmente intuibile, potrebbe avere effetti molto gravi. 

L’emergenza Covid19 ha fatto luce sulle debolezze dell’assistenza sul territorio e messo a dura prova tutto il SSN: in questi mesi gli operatori sanitari sono stati sottoposti a un grande stress e gli ospedali hanno visto riempirsi in poco tempo i reparti delle terapie intensive.

La pandemia ha evidenziato anche le fragilità di un sistema pubblico che ha visto susseguirsi negli anni una serie di restrizioni finanziarie, le quali hanno portato a una diminuzione delle prestazioni, dei posti letto, del personale sanitario (medici e infermieri) e hanno determinato uno scarso rinnovamento delle attrezzature tecnologiche a disposizione delle strutture.

Per far fronte alle mancanze del sistema pubblico degli ultimi anni, è cresciuta la spesa privata sostenuta dalle famiglie, diventata supplementare al sistema pubblico, e dai regimi di finanziamento volontari (assicurazioni sanitarie e mutue).

La Spesa sanitaria privata a carico delle famiglie riguarda prevalentemente l’assistenza ambulatoriale per cura e riabilitazione, la farmaceutica, l’acquisto o affitto di apparecchi e presidi medici.

Personale, posti letto

Nel 2018 lavoravano nel sistema sanitario 691 mila persone e di queste, circa la metà erano medici (16,6%) e infermieri (41,1%).

Da diversi anni le assunzioni dei giovani medici sono meno rispetto ai pensionamenti e il ricambio è sotto il livello di rimpiazzo. Questa situazione desta preoccupazione per la stabilità del sistema, anche perché, visto che il 55% dei medici ha un’età superiore a 55 anni, nei prossimi anni sono previsti numerosi pensionamenti.

Attualmente ci sono circa 240 mila medici, che corrispondono a 40 medici per 10mila residenti. L’Italia si colloca tra i primi posti in Unione Europea per numero di medici per residenti. La situazione è simile a quella di Danimarca e Svezia, ma inferiore a quella della Germania (42,5 medici per 10mila abitanti).
Per quanto riguarda gli infermieri, che sono circa 350 mila, 58 ogni 10mila residenti, l’Italia è invece agli ultimi posti tra i Paesi UE (Francia e Germania ne hanno circa il doppio).

I posti letto nel corso degli ultimi anni sono diminuiti: nel 1995 erano 6,3 per 1.000 abitanti, nel 2018 erano 3,49, con differenze a livello territoriale (2,96 in Calabria e 3,98 in Molise).

Per quel che riguarda la tipologia di posti letto delle strutture del SSN, quelli degli ospedali pubblici sono prevalentemente impiegati per attività a elevata specializzazione e terapie intensive, quelli dei privati convenzionati con il SSN sono destinati soprattutto alla riabilitazione e lungodegenza.

Anziani


Chi sono?

La definizione di anziano è cambiata negli ultimi 40 anni. Se nel 1980 si definiva anziano un uomo di 66 anni o una donna di 70, oggi, questa soglia si è sposta in avanti e si definisce anziano un uomo di 73 anni e una donna di 76.

(La differenza di genere dipende dalle aspettative di vita dei due sessi, che è maggiore di circa tre anni per le donne.) 

Nel 2018 la speranza di vita in Italia era tra le più alte in Europa, al terzo posto con 83,4 anni, dietro solo a Svizzera e Spagna, ma al quinto posto per la Speranza di vita senza limitazioni. 

L’epidemia da Covid19 avrà ripercussioni anche sulla speranza di vita, che probabilmente, per la prima volta dopo anni in cui era gradualmente aumentata, subirà una diminuzione.

Condizioni di vita

Gli anziani ultraottantenni sono circa 4,3 milioni, ossia il 7,2% della popolazione e circa la metà sono affetti da comorbilità (1 o più patologie). 

Oggi molti degli ultraottantenni vive una buona qualità della vita, ma non per tutti è così. Circa un milione di anziani, infatti, ha difficoltà a svolgere attività quotidiane come sdraiarsi, alzarsi dal letto, fare il bagno, usare i servizi (3/4 sono donne) e circa 2,3 milioni (59%) ha difficoltà a svolgere attività domestiche, a fare la spesa, ad usare il telefono (il 45,3% sono uomini e il 68,1% sono donne).

Per gli anziani non più autosufficienti o che non possono vivere in casa da soli si apre la prospettiva delle strutture residenziali, nelle quali, nel 2018, si contavano 247 mila persone, di cui 74% donne, 77% ultraottantenni e 9 su 10 non autosufficienti.


Per approfondire

Capitolo 2 del Rapporti Istat - Sanità e salute di fronte all’emergenza COVID-19

Rapporto annuale 2020 sulla situazione del Paese

 

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